L’INFORMAZIONE NEL VENTUNESIMO SECOLO
“ Condivisione, comunità e conversazione: così cambia l’universo dei media […]”
Non è possibile attribuire alla rete un unico frame cognitivo: internet rac- chiude diversi media ed incarna ciò che si definisce la multimedialità. Molti studiosi hanno scelto il web come unico destinatario di tutti i processi comunicativi; anche il modello giornalistico classico, quello che si protrae dal primo utilizzo della carta stampata, ha dovuto reinventare il lavoro del giornalista e trovare un modo per veicolare le notizie online. Internet, prendendo inizio dai così detti “forum”, si è tramutato in uno strumento di socializzazione e di discussione molto importante per gli individui, data la possibilità di scambiare opinioni con persone di diverse nazionalità e cultura. se fin dal principio il web consentiva una comunicazione tempestiva e senza distanze, ora invece punta sulla condivisione dell’informazione. Con l’avvento e la diffusione dei social network l’imperativo della rete è condividere.
I siti sociali hanno sviluppato ulteriori potenzialità, non solo per comunicare o commentare, ma anche per diffondere informazione. Il citizen journalism insieme ai social network ha sviluppato una dimensione in più, quella della condivisione, potenziata e rimodellata rispetto al blog. In questo modo chiunque può scrivere e far veicolare un pensiero a centinaia o migliaia di contatti diversi. Se alcuni temi non sono previsti dalla classica agenda setting, un solo utente, sfruttando la rete sociale, può mettere al centro del palcoscenico informativo tematiche mai affrontate. Il dado è tratto, qualsiasi news è ora arricchita dai social network. Lo strapotere di Google( motore di ricerca sul web) ,di Mountain view, , la vendita di giornali online (o di applicazioni degli stessi), la possibilità di rivedere le puntate dei programmi direttamente dal sito dell’emittente seguendo con il mouse la scritta “cliccate qui”, hanno portato ad una differenziazione, rispetto i primi nuovi media, ancora più accentuata per quanto riguarda la percezione dell’informazione. Nella struttura sociale che si è creata non è più il destinatario della notizia a dover cercare l’informazione, andando a prendere il giornale o dovendo sintonizzare la radio sulla stazione preferita, o accendendo la televisione per vedere il telegiornale, bensì è come se la notizia seguisse il destinatario. Sui mezzi pubblici di ultima generazione quali le nuove metropolitane, o in altre aree pubbliche come Bar, Stazioni, sono stati implementati schermi televisivi sui quali che trasmettono i telegiornali , così che il cittadino possa essere sempre al corrente delle notizie dell’ultimo minuto. La stessa tecnologia ha incrementato la vicinanza dell’individuo alla notizia, attraverso il proprio smartphone o il proprio tablet, sui quali è possibile scaricare l’applicazione dei giornali in versione digitale per rimanere costantemente aggiornati. Parallelamente alla digitalizzazione dei mezzi di informazione (giornali in versione digitale), si è sviluppata anche un’altra forma di comunicazione e ricerca della notizia che può nascondere in sé anche delle insidie in quanto le fonti dell’informazione possono essere incerte.
Proprio sulle fonti il discorso è delicato: le notizie che compaiono sui social network non sempre sono veritiere, e nessun organismo può assicurare che una notizia comparsa su Twitter o su Facebook sia affidabile. Ora la questione si sviluppa su due spazi informativi: quello tradizionale, ufficiale e che può garantire una fonte, e quello dei siti sociali, maggiormente predisposto a trattare tematiche disparate. Quest’ultima però non può certificare l’ufficialità di una notizia. I media tradizionali sono minacciati da queste fonti alternative? La risposta è difficile e articolata. Philippe Chaffanjon, direttore della redazione France Info, si pone tale domanda e cerca di trovare delle risposte o almeno ci ha provato, con un esperimento curioso “Huis clos sur le Net” che provi a svelare quale lettura del mondo si possa avere attraverso l’utilizzo di Twitter e Facebook ( due tra i più importanti social network odierni). In una casa sono chiusi cinque reporter ed essi hanno la possibilità di accedere alle notizie solamente utilizzando le due basi di condivisione sociale; sono assolutamente aboliti i giornali cartacei e la radio, nonché tutti gli altri siti di informazione.
“Il lancio dell’esperimento dei cinque giornalisti di diverse radio francofone che hanno provato ad isolarsi dal mondo tenendosi informati solo tramite Twitter e Facebook, ha ottenuto al principio una certa eco. Ma, adesso che Huis clos sur le Net si è concluso, molti pochi sono stati i siti interessati a conoscerne l’esito. Forse per una sorta di preconcetto che si è creato intorno a questa analisi un po’ insolita, vista come l’ennesimo tentativo dei media più autorevoli di discreditare l’informazione diffusa dai social network.
Oggi Lsdi, pubblica le testimonianze di quei cinque giorni alle prese con cinguettii e alert status, di Benjamin Muller (FranceInfo), Nour-Eddinne Zidane (FranceInter), Nicolas Willems (Rtbf) e Janic Tremblay (Radio Canada).
A dispetto delle difficoltà evidenziate lavorando unicamente con le reti sociali, le conclusioni non sono poi così scontate come si poteva prevedere.
In sintesi:
◦ la verifica delle fonti diventa un’operazione complicata, per quantità e velocità del flusso di notizie;
◦ la gerarchia dà ampio rilievo alle soft news e al gossip piuttosto che all’informazione internazionale o politica;
◦ ci vuole un bel po’ di tempo per farsi una “buona rete” di contatti;
Ma in conclusione, social media e media tradizionali non risultano essere in opposizione, si tratta piuttosto di due reti complementari: una informa, l’ altra diffonde. I giornalisti sono tenuti a prendere in seria considerazione il fenomeno per evitare di farsi trovare impreparati, così come già è accaduto con i blog, all’inizio considerati ‘’niente di importante’’ e poi divenuti parte integrante dei grandi media.
E’ in agenda anche un altro esperimento, questa volta finalizzato a capire
cosa accade quando ci si informa solo tramite i telegiornali. Mi sono fatta un’idea di quale sarebbe l’esito in Italia.”
Tale esperienza è stata ripetuta anche da un gruppo di cinque studenti di comunicazione di Roma tramite le pagine del magazine elettronico “Comuniclab36”, e la ricerca è stata chiamata “L’altra faccia dell’informazione”.
Questo esperimento apre le porte a differenti considerazioni riguardanti la natura dell’informazione online e la funzione dei social network; nati con strumenti per comunicare, per accorciare le distanze con le persone lontane, questi aggregatori di conoscenze sono divenuti dei veri e propri fulcri di avvenimenti, di notizie e di informazioni generali. Ma può un social network prendere il posto di un medium tradizionale, predisposto per sua natura ad una informazione “professionale”? normale è domandarsi se il tipo di informazione che campeggia sui social network possa veicolare tutte le notizie di cui un utente ha bisogno o se questo strumento rischia di trasmettere ed amplificare ulteriormente questioni di poca importanza.
Di seguito la conclusione che i cinque studenti hanno tratto dalla loro insolita ricerca:
“I social media si confermano come spazio di “comunicazione” piuttosto che di “informazione”: le regole della Rete non hanno a che fare con l’utilità o meno del giornalismo professionale, ma della legittimazione della presa di parola all’interno di Internet. Con un’anomalia italiana. Piuttosto che a una rimozione del gatekeeping si assiste a un doppio filtro: dopo le censure professionali arriva il setaccio delle convinzioni comunitarie. Dal basso non arrivano news ma opinioni e rilanci di particolari registri della scrittura giornalistica: satira e gossip su tutti.
Ha ragione Guillaume Narvic (l’avatar blogger di Novovision2): “Internet ci ha insegnato che, per allargare il cerchio dell’ espressione pubblica, è necessario tollerare delle enunciazioni in prima persona, dei punti di vista stentorei e delle voci flebili, dei colpi di tosse, delle affermazioni perentorie, delle idee azzardate, poetiche, strampalate, ridicole e vibranti. (…) La duplicità ‘’distanziata’’ fra identità civile e informazione di interesse generale, che costituisce la forma legittima di espressione pubblica nella nostra concezione dello spazio pubblico occupa su internet solo un posto molto specifico, anche se molto visibile. E sarebbe pericoloso e riduttivo considerare il web a partire da questa sola prospettiva, che ne farebbe solo uno spazio di informazione, di circolazione di idee e di valutazione critica.”
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